#Genere Cinema industriale
In occasione dell’ottava Giornata del cinema industriale (18 novembre 2008), Ermanno Olmi ha concesso al nostro Archivio di raccogliere una testimonianza inedita sul suo lavoro presso la Sezione Cinema Edisonvolta, attraverso un’intervista rilasciata al giornalista Vincenzo Mollica.
I cortometraggi industriali venivano talvolta inseriti nei palinsesti dei cinema (prima del film, come le “comiche” e il “cinegiornale”), venivano proiettati durante convegni e fiere, nei corsi di formazione, nei “dopo-lavoro” aziendali, nelle scuole. Negli anni quaranta e cinquanta numerose imprese decisero di utilizzare quindi il cinema come strumento per raggiungere un pubblico di consumatori sempre più vasto, affidandosi spesso a giovani registi esordienti, destinati a diventare famosi per la propria produzione “maggiore” (come Michelangelo Antonioni o Dino Risi), oppure decidendo addirittura di creare al proprio interno unità specializzate per la produzione di documentari. Per i giovani autori il lavoro era generalemtne una prima occasione per “farsi le ossa”, avendo spesso a disposizione mezzi e risorse economiche consistenti. E’ famoso il caso della Sezione Cinema Edisonvolta, diretta da un giovanissimo Ermanno Olmi, ma si dedicarono in maniera continuativa alla produzione cinematografica anche altre grandi imprese, come Fiat, Montecatini, Carlo Erba, Lepetit, Eni ed Enel.
Tra la fine degli anni cinquanta e il decennio settanta il cinema industriale arrivò quindi alla sua maturità artistica ed ebbe anche le proprie rassegne specializzate e i propri concorsi, sia in Italia che nel resto d’Europa (per le imprese, i premi assegnati ai propri film erano ovviamente un elemento di prestigio).
A partire dalla metà degli anni settanta, tuttavia, la produzione di documentari industriali iniziò ad entrare nella fase discendente della propria parabola, a causa della crescente concorrenza della televisione come strumento di comunicazione promozionale e della difficoltà con cui al cinema industriale veniva riconosciuta la propria validità culturale (nel clima intellettuale di quel periodo, veniva denunciato il suo carattere “consumistico”, oppure “padronale”).
Con il passare degli anni, il cinema industriale smetteva progressivamente di essere uno dei “temi caldi” del dibattito sulla comunicazione industriale, trasformandosi però in un documento estremamente prezioso per la ricerca storica.
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